Cambia il lavoro, cambia la città: il titolo di un evento promosso dal Municipio IX, al quale ho partecipato di recente, è già un manifesto di contenuto.
Sei parole che, come un flash, catturano l’essenza della nostra realtà. Lavoro, comunità e ambiente urbano: tre pilastri indissolubilmente legati, tre fili che tessono la trama intricata della nostra vita quotidiana.
È proprio qui, in questo intreccio, che troviamo la chiave per affrontare le sfide del nostro tempo.
Siamo, infatti, in un cambiamento di epoca più che in un’epoca di cambiamento e il cambiamento o si gestisce o si subisce rischiando di esserne travolti.
Nell’ambito del dibattito sui cambiamenti nel mondo del lavoro ha assunto centralità il concetto di flessibilità che influenza notevolmente i tre ambiti lavoro, città e comunità.
La flessibilità va letta come un giano bifronte: da una parte una flessibilità agita da tutti quei lavoratori specializzati che possono permettersi di cercare le condizioni migliori e scegliere un posto di lavoro aderente alle proprie aspettative ed esigenze, e dall’altra la flessibilità subita da tutti i lavoratori con un livello di competenze inferiore che sono vittime del lavoro a basse tutele e bassi salari per i quali “flessibilità” è il nome in codice di “precarietà e accettazione di compromessi a ribasso”.
In questa partita le città giocano un ruolo essenziale non possono restare spettatrici di questo cambiamento, devono essere agenti attivi tanto nella promozione della prima forma di flessibilità quanto nella tutela e nel sostegno dei lavoratori alle prese con quella subita.
Le città, quindi, devono rispondere “presente”.
Come?
Investendo nella digitalizzazione e nell’organizzazione smart del lavoro, rinnovando gli spazi urbani, trasformando gli edifici abbandonati in vivaci hub di coworking o in oasi di verde; potenziando l’accesso alla connettività, garantendo che sia disponibile per tutti. Investimenti urgenti che vanno di pari passo con quelli nella cultura, nell’arte e nell’intrattenimento, vitali per preservare la coesione sociale e l’energia dei centri urbani tradizionali, nel welfare e per la conciliazione famiglia/lavoro, per mezzi pubblici efficaci ed efficienti, per l’accesso alla casa, insomma con misure volte a sostenere tutti coloro che vivono come veri funamboli in una quotidianità problematica.
Non possiamo più scindere, quindi, il lavoro dalla città, ed entrambi dalla comunità e dalle persone.
Sono entrambi, interconnessi e legati indissolubilmente alla dignità umana.
Ogni discussione sui cambiamenti del lavoro e dell’ambiente urbano va inquadrata in una prospettiva umano-centrica, con le persone, il benessere e la dignità a fare da cardini.
Suona allora quanto mai attuale la visione di Gary Becker, Premio Nobel per l’Economia nel 1992, che parla non solo di capitale, ma di capitale umano. Che parla sì di investimenti ma affiancandoci subito dopo una parola fondamentale: la persona.
E senza questa l’equazione resterebbe irrisolta. Dice che il “successo e la crescita saranno in quei Paesi che sanno investire sui propri cittadini. Il capitale umano è sempre più importante nell’economia di oggi. Questo perché non basta avere solo petrolio e materie prime: le persone sono la chiave della nostra prosperità”.
Eccola qui, nero su bianco la visione di una realtà complessa dove tutto è correlato, dove tutto è multidimensionale e ogni dimensione si connette all’altra. Non c’è dicotomia tra persona e società: i due fenomeni sono la faccia della stessa medaglia.
Inseparabili e interdipendenti! Questa la strada da percorrere: investire e credere nelle persone, perché da qui passa lo sviluppo sociale ed economico della società.
Ma quali sono gli investimenti che il mondo del lavoro è chiamato ad affrontare oggi?
Innanzi tutto, la priorità assoluta è il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici.
Su questo aspetto le aziende devono dimostrare un impegno tangibile attraverso politiche e pratiche volte a supportare la salute mentale, fisica ed emotiva dei lavoratori.
Dalla promozione di Piani di welfare finalizzati a migliorare la conciliazione tra vita personale e professionale, fino ai programmi di supporto psicologico: ogni investimento nel benessere dei lavoratori si traduce in un beneficio per l’intera comunità.
È essenziale poi creare un ambiente di lavoro positivo dove si respiri fiducia, rispetto reciproco, collaborazione e supporto tra i colleghi.
Questi ingredienti non sono solo buone pratiche, ma modalità tout court per garantire un ambiente di lavoro sano e produttivo.
All’interno di questa prospettiva è imperativo morale porre la massima attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro garantendo una formazione adeguata, l’attuazione rigorosa di protocolli di sicurezza e una supervisione costante delle condizioni lavorative.
È semplicemente inaccettabile che, ancora oggi, si perdano vite umane sul posto di lavoro. Tragedie che sono spesso descritte come “morti bianche”, un aggettivo che riflette la mancanza di una responsabilità diretta nell’incidente. Ma in realtà quella mano esiste e pesa tantissimo perché ha a che fare con la mancanza di misure preventive adeguate.
Il secondo asset di investimento fondamentale è il talento: il gioiello più prezioso di ogni organizzazione. In un mondo del lavoro in costante evoluzione, caratterizzato da rapidi cambiamenti tecnologici e dalla maratona verso la digitalizzazione, investire nel miglioramento delle competenze e delle capacità dei lavoratori è un passo essenziale per rimanere competitivi e riuscire a tenere il passo delle sfide del futuro.
In questa rivoluzione del lavoro la città è un attore chiave che deve trasformarsi ed evolversi.
Sì, perché, se il lavoro è come un fiume in perenne movimento, allora la città deve essere il suo letto, adattandosi alle sue curve e ai suoi mutamenti.
È essenziale riconoscere e affrontare le problematiche che rendono la città meno attrattiva per i giovani. Molti giovani considerano la città respingente a causa del lavoro povero e precario e del costo elevato delle abitazioni.
Per invertire questa tendenza, dobbiamo lavorare per rendere la città un luogo più accogliente, offrendo opportunità di lavoro stabili e accessibili, e facilitando l’accesso ad abitazioni a prezzi ragionevoli.
Lo smartworking e l‘intelligenza artificiale hanno ridefinito radicalmente il panorama occupazionale, aprendo le porte a nuove professioni che erano praticamente impensabili solo pochi anni fa.
Le città sono state spinte a investire in infrastrutture digitali, connettività Internet ad alta velocità e iniziative per sostenere l’imprenditorialità hi-tech, quelle che attraggono imprese innovative e talenti.
Allo stesso modo, le aree rurali che investono in infrastrutture digitali possono sfruttare le opportunità offerte dal lavoro remoto e dalla tecnologia per contrastare la fuga dei giovani e stimolare lo sviluppo economico locale.
In merito a questo non possiamo non considerare anche che nel contesto di una città, e di un Paese intero, con un alto tasso di invecchiamento, la silver economy, ovvero l’economia che ruota attorno alla terza età, emerge come un settore di grande opportunità collegato proprio all’innovazione (pensiamo l’Ai e la domotica applicata alla terza età).
Questo settore non solo può fornire servizi essenziali per migliorare la qualità della vita degli anziani, ma può anche creare nuovi posti di lavoro e stimolare la crescita economica.
Il lavoro di rete tra istituzioni, scuole, università, imprese e organizzazioni del Terzo Settore è l’algoritmo chiave per affrontare le sfide del presente.
Un approccio olistico è fondamentale per affrontare la sfida di ricucire il rapporto tra giovani e lavoro. La forza, la creatività e il coraggio senza limiti dei giovani sono costanti nel processo di evoluzione del lavoro e delle città.
È fondamentale fornire formazione e orientamento, affinché possano navigare senza smarrirsi in questo mare di cambiamenti.
L’impegno che portiamo avanti con le ACLI di Roma va proprio in questa direzione. Con il Cantiere Generiamo lavoro e con il LaborDì, due delle nostre iniziative di punta che promuoviamo in rete con Istituzioni, Mondo della Chiesa, Università, realtà profit ed enti del Terzo Settore, vogliamo aiutare ragazzi e ragazze a conoscere i valori del lavoro dignitoso, entrare nel mondo professionale con fiducia, speranza e consapevolezza e consegnandogli degli strumenti concreti per il loro percorso.
La seconda edizione del Labor Dì che abbiamo promosso a dicembre 2023 ha avuto un risultato significativo arrivando a coinvolgere 1.370 studenti di 20 istituti scolastici di Roma e provincia, e più di 50 nazionali e internazionali ed enti di Terzo Settore.
Ad aprire i lavori, inoltre, è arrivato anche un dono inaspettato e davvero molto emozionante, il messaggio che Papa Francesco ha scritto e indirizzato proprio ai partecipanti al Labor Dì, che possiamo definire quasi una piccola enciclica sul Lavoro dignitoso che ha ispirato la giornata descrivendone il senso più profondo proprio in queste sue parole “questa giornata apre cantieri di sogni e di speranza per permettere ai giovani di abbracciare la bellezza di un lavoro dignitoso”.
La terza edizione è in programma a Roma nell’autunno del 2024 un invito aperto a tutti i ragazzi che si affacciano al mondo del lavoro.
Il Labor Dì è la nostra piccola goccia nel mare ma, sono tante le sfide che Roma ha sul tavolo alle porte anche di un evento planetario come il prossimo Giubileo della Speranza che con un nuovo orizzonte di lavoro dignitoso ha tanto a che fare.
Per questo auspichiamo investimenti mirati e un impegno congiunto delle istituzioni e della società civile per cambiare il lavoro, quindi la città e cogliere le opportunità per un futuro sostenibile, equo e inclusivo.
È questa la vera rivoluzione che migliora il lavoro, valorizza la persona e rafforza il tessuto sociale della nostra amata città.