Si avvicina la Giornata internazionale della donna e come ogni anno iniziano a fiorire, insieme alle mimose, le più svariate iniziative per accendere i riflettori sulle donne, con il sospetto che spesso si tratti di iniziative ed eventi spot che durano lo spazio di qualche giorno.
Le ACLI di Roma, cercano di impegnarsi ogni giorno per e con le donne. Il nostro obiettivo è promuovere la centralità e la dignità della persona con particolare attenzione ai soggetti più fragili della società.
E da donna, mi spiace constatare che le donne continuano a essere tra i soggetti più vulnerabili, perché stanno in grande difficoltà economica, perché fanno fatica a conciliare famiglia e lavoro, perché subiscono discriminazioni sul lavoro e guadagnano meno degli uomini, o perché, purtroppo, sono vittime di violenza. Insomma, la strada per le pari opportunità è ancora lunga, ma le donne hanno la forza per percorrerla.
Questa forza si chiama resilienza, ovvero la capacità di superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, ma, nel caso delle donne, è anche molto di più. Una forza che possiamo dire essere insita nel nostro dna, ma che per essere attivata ha bisogno di un terreno di coltura idoneo, rappresentato, a parer mio, dalla rete.
Parlare di donne e di resilienza vuol dire parlare di storie non solo personali, ma di storie che diventano patrimonio della comunità, perché riguardano tutti.
Penso a esempi come Bebe Vio, campionessa mondiale paralimpica, “combattente con la faccia rotta” come si definisce lei stessa, o Gessica Notaro, modella, sfregiata con l’acido dal fidanzato, che continua la sua battaglia con le cicatrici e orgogliosa si mostra in tv. Donne resilienti, appunto, perché non si sono lasciate abbattere dalle grandi difficoltà che hanno incontrato reagendo positivamente e abbracciando la sconfitta come momento di crescita.
Ma penso anche alle donne della porta accanto, quelle non famose, quelle che non ti aspetti.
Anche io posso dire di essere una di queste. Nelle tante cadute nel corso della mia vita, non mi sono mancati gravi lutti e problemi sul lavoro e nel mio impegno civico, e neppure le intimidazioni mafiose quando ero giovane, ma da queste esperienze ho capito che la resilienza è l’energia non solo per resistere e per superare positivamente le tempeste della vita, ma anche per combattere ambiziosamente per il proprio progetto di vita a dispetto delle cadute, perché, come ci ricordano i versi della canzone “Combattente” interpretata da Fiorella Mannoia: “chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso”. E dunque, avere un ideale per cui combattere è il motore per rialzarsi e il sale che dà sapore e senso alla vita.
Il mio ideale, per il quale combatto ogni giorno, nel mio piccolo, è quello di contribuire a costruire una comunità più accogliente e solidale, con pari opportunità che non siano un miraggio ma una realtà concreta per tutti.
Da donna e da presidente di un’organizzazione articolata come le ACLI di Roma, sento un supplemento di responsabilità per sostenere le donne a tutto tondo con un impegno che chiami alla corresponsabilità in rete uomini e donne.
Una rete che deve essere composta da famiglia, amici, Istituzioni, Chiesa, forze dell’ordine, società civile, Scuola, per tutelare e difendere sempre la dignità umana.
Un impegno, dunque, che non si può esaurire certo con un paio di date all’anno (8 marzo e 25 novembre, quando cade la Giornata contro la violenza sulle donne), e su cui abbiamo puntato i riflettori in questi giorni grazie a una mostra fotografica itinerante, inaugurata nella prestigiosa cornice di Palazzo Merulana, frutto del concorso fotosocial 2018, dal titolo “Donne in chiaroscuro”, con cinquanta foto per raccontare le tante sfaccettature dell’universo femminile, da quelle più luminose a quelle buie.
La violenza, il mobbing, le tante povertà, la difficoltà di conciliare il lavoro e la famiglia, la malattia, l’integrazione sempre più difficile, ma anche la grande forza, i colori, la dolcezza, le tradizioni, le abilità, la maternità…bianco e nero, buio e luce attraversati da una grande voglia di riscatto e di protagonismo.
Il senso di questa mostra è affidato a uno storytelling che accompagna i 50 scatti. Dieci pannelli testuali in cui il contrasto cromatico del bianco e nero guida il visitatore in un viaggio tra la realtà di fatti di cronaca nera ai quali abbiamo volutamente cancellato e riscritto un finale alternativo che “poteva essere, ma non è stato” se la protagonista avesse avuto il modo per farsi aiutare. Non un lieto fine, ma un vero e proprio riscatto, reso possibile da un atto di resilienza attivato grazie alla rete.
Fa ancora più effetto pensare anche al mezzo che abbiamo scelto di usare, perché se è vero da una parte che alle ACLI di Roma privilegiamo i linguaggi dell’arte per raccontare la bellezza del sociale, dall’altra parte non è altrettanto usuale usare i social per veicolare contenuti alti in questi tempi di mercificazione dei corpi per guadagnare likes, e in cui l’apparire ha surclassato l’essere.
E quindi a pochi giorni dalla Giornata Internazionale della Donna, vorrei che il mio ramo di mimosa simbolico somigliasse sempre più ad un appello a stringere le maglie della rete di protezione sociale per sostenere le donne a tutto tondo.
Vanno proprio in questa direzione tutti i nostri interventi per e con le donne, per rispondere ai tanti bisogni, come la formazione professionalizzante (in particolare per riscattare il lavoro di cura da lavoro di serie B), l’esigibilità e la tutela dei diritti (con il nostro Patronato e i servizi collegati), la conciliazione famiglia e lavoro (con progetti come il Be.bi benessere per i bimbi, il Parco Merolli o i centri estivi), la promozione della rappresentatività delle donne per superare il tetto di cristallo (chi ci conosce sa che siamo una squadra con una significativa presenza femminile nei ruoli apicali), l’aggregazione (attraverso sport, occasioni culturali e di svago, sostegno alla genitorialità), ma anche tutto il filone dedicato alle donne discriminate e non tutelate nel mondo del lavoro e soprattutto a quelle in pericolo, vittime di violenza o di stalking, per le quali abbiamo attivato lo Sportello antiviolenza Fior di Loto con una penalista e una psicologa presso la parrocchia di S. Maria ai Monti, e i corsi si difesa personale e di autoprotezione con l’US ACLI Roma.
Trasversale a tutto questo, ci sono i nostri progetti educativi per bambini e bambine, per formarli ad una cittadinanza attiva e consapevole nel segno del rispetto reciproco.
E la mostra “Donne in chiaroscuro” rientra proprio nell’ambito di uno di questi progetti, “E…vento di donna”, in cui le ACLI di Roma sono capofila di una significativa di rete di organizzazioni, con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
A dimostrazione che oltre le date di circostanza, c’è tanto da fare per la promozione e la tutela delle donne, e per riconoscere che “il contributo delle donne è impareggiabile per l’avvenire della società” come afferma Papa Francesco.