di Lidia Borzì
È possibile rileggere la speranza in chiave di sostenibilità, e viceversa?
Cercare di farlo nella necessaria brevità di queste riflessioni, è una specie di sfida, perché sembrerebbero due parole e due dimensioni distanti. La sostenibilità e la speranza: molto concreta, la prima, che tocca nelle sue diverse declinazioni la vita e le scelte quotidiane di persone e comunità. Con una forte carica valoriale e ideale, ma non astratta, la seconda.
Basta entrare un po’ più a fondo, dentro questi temi per scoprire la loro connessione e il loro intreccio. Per una città come Roma, si tratta anche di un binomio che coinvolge il modello di sviluppo urbano con azioni riparative, ma soprattutto promozionali volte a incrementare l’umanizzazione della convivenza, insieme alla coscienza critica e alla partecipazione attiva e democratica dei cittadini e delle stesse organizzazioni sociali di prossimità.
Non meno importante è questa rilettura della sostenibilità attraverso la speranza in prossimità del Giubileo, che ha messo questo valore al centro del ‘pellegrinaggio’ reale e spirituale dei cristiani. In un appello che si estende a tutti, uomini e donne di buona volontà.
Bisogna però partire da una certa idea di sostenibilità sistemica che coniughi l’aspetto ambientale e di consumo ‘green’ con un’idea di ecologia integrale, che stringe in uno stesso abbraccio di cura e fraternità la società e la terra, gli uomini e la loro ‘casa comune’.
Alla luce di questa nuova visione di sostenibilità, che dobbiamo in primis a Papa Francesco, è possibile, anzi necessario guardare alla speranza come alla chiave di volta per un nuovo modello di convivenza umana. Concreta, progettuale, calata nella realtà. Si tratta di ‘mettere a terra la speranza, farla uscire dai cieli dell’utopia, per farne una forza realmente ri-generativa di cambiamento.
La sostenibilità è alleata preziosa della trasformazione della speranza in un progetto condiviso, concreto, operativo ed efficace. Dobbiamo declinarla nelle sue diverse sfaccettature, a partire da un’idea di sostenibilità come modo di abitare il mondo. Dei singoli individui e della comunità, delle persone in relazione tra loro, anzitutto nella vita familiare.
Partendo da un approccio integrato e integrale, la sostenibilità ci appare in un quadrante come:
- Economica
- Ambientale
- Relazionale
- Sociale
È così che la sperimentiamo nella comunità urbana. L’economia sostenibile è quella che fa prevalere gli interessi comuni del ben-essere e del ben-vivere sulla logica del mero profitto.
Mette al centro le persone e la loro dignità: nel lavoro, nella salute, nella custodia dei beni primari.
Economia e produttività sono al servizio di un modello di sviluppo rinnovato negli obiettivi e negli strumenti. Sostenibilità è perciò l’architrave di un nuovo patto di compatibilità che stringe i diversi soggetti dell’economia, della prossimità, delle istituzioni.
“Uniti tutti”, per parafrasare in nostro amato Vescovo Francesco, in una fraternità che abbraccia persone e beni, relazioni e azioni, famiglie e imprese.
L’approccio integrale alla sostenibilità, così intesa, diventa agire integrato dei protagonisti del vivere associato, distinti per storia, competenze, esperienze ma in dialogo tra loro, oltre la logica dei compartimenti–stagni che penalizza la comunità, mortificandone bisogni e potenzialità.
La rete è il metodo vincente per realizzare questo modello di sviluppo, se intesa non come mera somma ma moltiplicazione delle risorse di pensiero e di esperienze. La rete così declinata assicura circolarità, equità e inclusione e alimenta la Democrazia. Sostenibile è allora sinonimo di possibile. Compatibile, armonico e coeso.
La città è chiamata a essere il laboratorio della sostenibilità come rete di connessioni virtuose che mettono capo ad un umanesimo urbano compiuto, nel quale le persone, le relazioni, le ‘cose’ e i legami sono concretamente e reciprocamente generativi.
Attraverso questa “rivoluzione dolce” di una società umanamente sostenibile, si può fare strada la speranza a cui ci chiama, come ho ricordato, l’evento del prossimo Giubileo. E anche la Pasqua, che ci promette quella ‘del terzo giorno”. Una speranza che viene dall’alto, ma cresce e si custodisce dal basso, con azioni concrete quotidiane e con prospettive lungimiranti. Una speranza sostenibile anche attraverso le nostre limitate forze, nonostante le nostre fragilità. Una speranza ragionevole, se noi tutti sappiamo darne testimonianza attraverso le nostre opere, per un annuncio credibile.
L’intreccio virtuoso tra speranza e sostenibilità può dare concretezza operosa alla prima e slancio valoriale alla seconda. Può fare del Giubileo un’occasione di ri-generazione urbana, lasciando un segno di apertura al futuro rivolto a tutti. Credenti e non credenti, uomini e donne di buona volontà, che di questo hanno bisogno in questo tempo difficile, ma anche ricco di opportunità.