camminare, partecipare, discernere. Insieme
Roma è stata in questo recentissimo passato lo scenario di importanti eventi, dalle elezioni amministrative al G20, che ci hanno convinto ancora di più che la nostra presenza in questo territorio, più ancora che un privilegio, è una responsabilità.
Le ACLI di Roma hanno voluto essere nel cuore degli eventi, come sempre, con la loro azione sociale concreta, il loro ascolto dal basso, la loro spinta ideale. Convinte che oltre gli eventi e i riflettori della cronaca, ci sono le persone e le famiglie con le loro fragilità e potenzialità, in una trama di relazioni e di legami da interpretare per immaginare il futuro, di questa città e del nostro Paese. E se vogliamo pensare in grande, dell’Europa e del mondo.
Bisogna che le ferite sociali, economiche, culturali di questa pandemia diventino feritoie di luce attraverso le quali far passare la speranza e l’innovazione, il cambiamento e la visione. E’ stato quello che ha animato il nostro Cantiere Roma alla vigilia del rinnovo amministrativo, frutto di un ascolto e impegno a fianco della città e dei suoi abitanti che non è mai venuto meno, anche nei mesi del più duro lockdown, nel lavoro di RETE con gli altri soggetti della solidarietà, civili ed ecclesiali, nell’azione volontaria e nell’accompagnamento sociale assicurato dal nostro Sistema, di movimento e di servizi. Una presenza capillare che ci consente di fare sempre meglio il nostro mestiere di artigiani del sociale.
E’ un impegno che rinnoviamo all’indomani dell’insediamento della nuova giunta capitolina, una squadra in cui le donne sono ben rappresentate composta da figure competenti con molte delle quali portiamo avanti da anni un lavoro in sinergia, che ora potrà avere anche un nuovo slancio. Nell’augurare a tutti, a partire dal sindaco, Roberto Gualtieri, un buon lavoro, auspichiamo che anche nella nuova stagione amministrativa potremo mettere al servizio della città le nostre competenze e il nostro entusiasmo, attraverso importanti strumenti quali la coprogettazione e coprogrammazione.
Roma, capitale d’Italia ma anche centro della cristianità, ci porta ad avere uno sguardo universale nella visione e sartoriale nell’approccio e a guardare il mondo nella prospettiva globale e locale, glocale come si usa dire. Il magistero di Papa Francesco è per noi un punto di riferimento costante, per la cura dei più fragili e poveri, degli esclusi e degli scartati, per dare voce a chi non ha voce. E insieme, per valorizzare i talenti, le potenzialità, le aspirazioni che specialmente nel mondo dei giovani, delle donne, delle famiglie chiedono di essere pienamente riconosciuti e messi al servizio del bene comune. Da protagonisti, non da semplici destinatari dell’azione sociale.
Le periferie esistenziali vogliono essere connesse al centro della vita civile, come le periferie urbane reclamano la loro appartenenza e vicinanza al cuore pulsante della città. E’ quello che abbiamo raccolto dalle nostre ricerche e dalle nostre indagini conoscitive, in occasione del Cantiere Roma, è quello che tocchiamo con mano nella nostre esperienza quotidiana sul territorio.
La domanda cruciale è: come? Con quale metodo e quale approccio si possono realizzare questi obiettivi ambiziosi perché le buone intenzioni diventino prima buone pratiche e poi buone politiche?
Mi sembra che una parola-chiave emerga da più parti: INSIEME. E’ tempo di abbandonare ogni pretesa di autosufficienza, ogni velleità individualistica.
Le sfide che abbiamo di fronte, nel piccolo e nel grande, nella quotidianità e nel lungo termine, sono di tale portata che esigono l’unità degli intenti e degli obiettivi, il discernimento comune delle strade da percorrere verso una società più equa, inclusiva, coesa e solidale. Verso una giustizia economica e sociale che metta al centro la salute e il lavoro, la dignità e il benessere della persona e delle persone, cioè del valore della persona e della preziosità delle persone.
E’ in questo orizzonte che si capisce appieno la portata della sinodalità che Papa Bergoglio ha messo al centro della Chiesa nel percorso del prossimo biennio.
Una Chiesa sinodale è chiamata a chinarsi sulle ferite e sulle fragilità di un’umanità smarrita, diseguale nelle opportunità, uguale nelle criticità di una globalizzazione disarmonica, che la pandemia ha ancora di più evidenziato, a livello locale e globale. Cosa vuol dire “sinodale”? Vuol dire in cammino e in ascolto. Ascolto del grido dei poveri, ma anche di quello del pianeta. Questo è il senso dell’ecologia integrale a cui ci richiama il nostro Vescovo e Pastore universale, dalla Laudato si’ alla Fratelli tutti, che vanno lette insieme come il manifesto di un nuovo umanesimo che abbraccia uomo e pianeta, con uno stesso sguardo di cura e sollecitudine.
Se questa è la visione, la concretezza chiede gesti di prossimità solidale ma anche una vera riconversione del nostro modello di sviluppo. La crisi pandemica è da questo punto di vista una decisiva opportunità di cambiamento. Si chiama “transizione ecologica” questo processo di radicale svolta dell’economia, dei modelli produttivi, delle scelte e degli stili di vita. Investe l’agenda politica, a partire dalle città e dalle Istituzioni cittadine. Questo cambiamento non è indolore, perché minaccia posti di lavoro, economie locali, assetti sociali, equilibri geopolitici, come dimostrano le difficoltà emerse tra i Paesi che si sono riuniti a Roma e a Glasgow, con la vistosa assenza o solo virtuale presenza di grandi potenze quali la Cina e la Russia. Il superamento del vecchio modello di sviluppo appare una strada in salita. E’ necessario il dialogo tra nazioni e continenti per concordare tempi e modi, come ha ricordato e ribadito Mario Draghi al tavolo del G20, a presidenza italiana. E’ una modalità di confronto che in fondo traduce sul piano politico il valore spirituale e comunionale della sinodalità.
La strada sinodale aperta nella Chiesa, con un percorso articolato dalla fase diocesana a quella continentale, fino al Sinodo universale da tenersi a Roma nell’ottobre del 2023, ci appare in piena sintonia con i bisogni e le urgenze dell’umanità. Un fatto straordinario che nella Chiesa accompagna l’evento finale con un processo di ascolto dal basso, di raccolta delle istanze dei fedeli. Molto più che una rivoluzione ‘democratica’: una manifestazione di comunione.
Insieme è in sintesi la parola che unisce i temi, apparentemente lontani come tanti puntini che però necessitano di essere uniti perchè tutto è connesso. Se tutto è connesso, il discernimento non può che essere comune, come lo è la sfida del cambiamento epocale che dobbiamo vincere. Nella Chiesa e nella società, da credenti e da laici.
Anche la 49esima edizione delle Settimane sociali della cattolici italiani svoltasi a Taranto dal 21 al 24 ottobre, a cui ho avuto l’onore e l’opportunità di partecipare, come delegata aveva questo orizzonte già nel titolo: “Il pianeta che vogliamo. Ambiente lavoro futuro.#tutto è connesso”. TUTTO è connesso nell’apparente sconnessione di una realtà sempre più frammentata e complessa.
Le ACLI di ROMA stanno in questa complessità con la necessaria umiltà che la sproporzione tra problemi e soluzioni richiede, ma anche con la passione sociale che da sempre le contraddistingue. Il NOI della sinodalità, l’ascolto di una Chiesa in cammino, la centralità delle persone e il loro primato sull’economia del mero profitto sono per le ACLI romane azione, impegno, esperienza quotidiana.
Pensiamo che l’ecologia integrale è anche quella delle relazioni, tra gli uomini e con il pianeta, che l’umanesimo urbano come stile di accoglienza, cura, partecipazione non è un ideale astratto ma si incarna quotidianamente e capillarmente, in ogni casa, in ogni piazza, in ogni quartiere della nostra ROMAdaAMARE che abbiamo messo al centro dei nostri eventi dell’OTTOBRATA SOLIDALE.
Un modo di stare insieme che è un modo per essere insieme, per camminare e per riflettere sul cammino, per coltivare e far vivere i sogni. Che un uomo pragmatico come il Presidente del Consiglio, più abituato alle cifre dell’economia che ai voli della fantasia, abbia usato questa espressione a conclusione del G20 di Roma, ci sembra un segnale che è tempo di dare corpo ai sogni con la forza della condivisione.